Regia di Abbas Kiarostami.
Interpreti: Tahereh Ladanian, Hossein Rezai.
Sul set di un film si intrecciano vicende vere e di finzione. Un poveraccio – è anche analfabeta – si innamora di una delle attrici e cerca di dimostrarglielo sul set. La solita storia che accomuna molti autori che narrano sempre un film nel film. Stucchevole. La piccola poesia presente non giustifica il giudizio troppo lusinghiero che certa critica ha dedicato al lavoro del regista iraniano.
«É il quarto lungometraggio del regista iraniano e come Close Up mette in scena il cinema e ne dimostra allo stesso tempo la necessità e l’impotenza di attore di contraddizioni. Sotto gli ulivi porta nei villeggi del dopo terremoto una troupe e degli attori, ma siamo in un paese dove la società dello spettacolo non ha ancora imposto la sua legge e gli attori hanno preoccupazioni più vere. In Sotto gli ulivi un regista cerca di costringere la vita nel film, ma la vita gli sfugge, resta all’intorno, ed è più bella e complicata di qualsiasi film. Dice Kiarostami di aver voluto fare Sotto gli ulivi perché, ai margini del film che stava girando, E la vita continua, la vita continuava davvero, lungo i sentieri che il film non riusciva a percorrere con la stessa vitalità. La vita è il caso ed è apertura, il cinema è cristallizzazione ed è chiusura»
(Gianni Volpi, I film da vedere a vent’anni, 2014)