Spazio anche più che tempo. È il titolo di un ciclo di opere di Carol Rama degli anni ’70. È un titolo molto bello, perfetto per quelle sue opere straordinarie. Penso che Carol lo abbia tratto da una frase di Henry Miller, contenuta nel romanzo Il Tropico del Cancro. “Le creature umane”- dice la frase – “formano una strana fauna, una strana flora”: “occorre che abbiano intorno aria, spazio sufficiente – spazio, anche più che tempo”.
Spazio anche più che tempo. Le mostre, i progetti e le opere che inauguriamo in autunno creano luoghi, ripari e percorsi, nascondigli, palchi e teatri, superfici e schermi, una molteplicità di spazi dove oggi si muovono i nostri corpi. Lo spazio e il corpo sono il fulcro della nuova stagione espositiva della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Incomincia a Guarene, il 2 ottobre, con una mostra immaginifica che esplora l’underground e con Rise,una grande scultura che celebra all’aperto una nascita, una crescita. Prosegue a Torino, nelle sale della Fondazione, e fuori, tra gli alberi e i monumenti del Parco del Valentino. A Madrid sta iniziando la seconda edizione dello Young Curators Residency Programme Madrid. Il programma della Fondazione espande la propria geografia in Francia, con una mostra della Collezione Sandretto Re Rebaudengo al MO.CO di Montpellier.
A Guarene
Jade Barget, Naz Cuguoğlu, Alice Sarmiento sono le curatrici della quindicesima edizione dello Young Curators Residency Programme Torino.
Jade è nata in Francia e vive nel Regno Unito, Naz vive tra Stati Uniti e Turchia, Alice è filippina e la sua partecipazione alla Residenza segna l’estensione del programma alla Cina e al Sud-Est asiatico, grazie alla convenzione tra la Fondazione e il Rockbund Art Museum di Shanghai. Con la loro narrazione espositiva le curatrici ci invitano a un’immersione, una discesa figurata sotto i pavimenti delle antiche sale di Palazzo Re Rebaudengo. Nella mostra, che hanno intitolato Badly Buried, espongono nove artiste e artisti italiani: Jacopo Belloni, Irene Coppola, Alessandro Di Pietro, Giovanni Giaretta, Eleonora Luccarini, GianMarco Porru, Agnese Spolverini, Massimo Vaschetto, Ilaria Vinci. Le loro opere aprono l’accesso a un mondo nel quale materia e immaginario, terreno e inconscio si amalgamano. Il sottosuolo diventa una sfera del pensiero, una zona di intensità percettiva, il luogo di storie antiche e mitologie. Cosa riportiamo in superficie? Cosa dissotterriamo? Cosa può rivelarci l’oscurità?
A questo sprofondamento, fa capo, sulla Collina di San Licerio, un movimento a levare. Qui, accanto alla giovane vigna di Nebbiolo, l’artista francese Marguerite Humeau ha posizionato Rise, la sua scultura monumentale: una fusione in alluminio, concepita e prodotta appositamente per il Parco d’arte Sandretto Re Rebaudengo.
L’operadialoga con il paesaggio, le sue tradizioni e colture. È composta da diversi elementi che esplodono dal centro. Rievoca l’originaria impollinazione incrociata tra un maschio e una femmina di vite, il momento in cui il loro incontro ha prodotto il primo fiore ermafrodita, caratteristico della sottospecie coltivata della Vitis Vinifera. Rise è un’immagine sorgente: assomiglia a un’esplosione cosmica oppure, ricalibrato lo sguardo sul microscopico, ricorda le connessioni delle sinapsi di una rete neurale. Sulla collina, la scultura sembra volteggiare nel vento e catturare, sulla sua superficie, le tonalità della nebbia e le iridescenze del vino.
A Torino, in Fondazione
La rete neurale che ispira la scultura di Marguerite Humeau sulla Collina di San Licerio a Guarene è biologica; in Neural Swamp, Martine Syms attinge invece ai sistemi e agli algoritmi dell’intelligenza artificiale e del Machine Learning. L’artista statunitense è la vincitrice della seconda edizione della Future Fields Commission in Time-Based Media, conferita dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e dal Philadelphia Museum of Art. Neural Swamp sarà in mostra nella sede di Torino fino al 30 gennaio 2022, per poi essere presentata nel museo di Philadelphia in primavera.
Neural Swamp è una installazione immersiva che vede protagoniste tre entità. Athena, Dee e una narratrice appaiono su monitor e si proiettano sulla superficie espositiva. Invadono gli schermi e lo spazio, riverberate dalle loro stesse voci. Ciò che ci dicono è generato in tempo reale da software AI. Attraverso questa densa proliferazione visiva e sonora, l’artista ci porta nel cuore della sua ricerca, al centro dei sistemi tecnologici che cancellano o rendono invisibili i corpi, le voci e le narrazioni nere.
I corpi fittizi e potenti di Neural Swamp hanno un contraltare nei corpi dipinti di Stretching the Body, la mostra di dieci artiste internazionali che inaugura in Fondazione a Torino il 4 novembre. Prendendo le distanze dal canone della rappresentazione del corpo femminile nella tradizione pittorica occidentale, le artiste mettono in gioco i temi dell’identità di genere, le relazioni di potere, la memoria e la conoscenza che passano attraverso l’esperienza corporea. Allungato o deformato, astratto o geometrico, il corpo emerge sulle tele come spazio conteso, di conflitto tra definizioni e appartenenze, in cui i limiti tra soggetto e oggetto vengono continuamente rimessi in discussione. La mostra riunisce le opere di dieci artiste, di generazioni e provenienze geografiche diverse: Jana Euler, Celeste Dupuy-Spencer, Mernet Larsen, Wangari Mathenge, Jill Mulleady, Christina Quarles, Avery Singer, Anj Smith, Ambera Wellmann, Rose Wylie.
Nella sala centrale della Fondazione, il 4 novembre incomincia anche la Seconda stagione di VERSO, il programma che la Fondazione, con il sostegno dell’Assessorato alla Politiche Giovanili della Regione Piemonte, dedica per un intero anno ai giovani tra i 15 e i 29 anni. Qui si parla di corpo collettivo. La complicità, la visibilità e l’invisibilità sono assunte come prospettive per analizzare, interrogare e comprendere la realtà e le sue strutture. Si sussurra, si respira insieme tra le opere di Sharon Hayes, Sandra Mujinga, Arthur Jafa.
A Torino, nel Parco del Valentino
La memoria conta. La memoria pubblica resta impressa sul terreno, tra i viali di un parco, nelle piazze e nelle strade della città. Ci preme riportarla in superficie, cercando tracce invisibili e temporanee o riflettendo sulle sue forme monumentali. Il 6 ottobre iniziano le camminate nel Parco del Valentino, attraverso l’itinerario di Memory Matters, tracciato dalle opere di Leone Contini, Alessandra Ferrini, Muna Mussie e Adji Dieye con Silvia Rosi. Il progetto è curato e prodotto dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e Biennale Democrazia, in collaborazione con Black History Month Florence, un network impegnato nella promozione e produzione di ricerche dedicate alla Blackness nel contesto italiano.
Sede dal 1884 delle grandi esposizioni nazionali e internazionali, il Parco del Valentino è interrogato come spazio storico e simbolico, luogo di costruzione della narrativa identitaria della nazione, in stretto rapporto con il passato coloniale italiano. La mostra all’aperto mette in cammino la storia e i pensieri, ripresi nel ciclo di incontri ospitato nel programma di Biennale Democrazia 2021.
A Madrid
Anushka Rajendran, Yomna Osman e Fragkoulis Kokkinos, curatrici e curatore della seconda edizione dello Young Curators Residency Programme Madrid, stanno visitando studi d’artsita, musei e istituzioni sul territorio nazionale. La Residenza culminerà in una mostra al Circulo de Bellas Artes che inaugurerà il 14 dicembre.
Il mio viaggio si conclude al MO.CO di Montpellier, il centro d’arte contemporanea che dal 13 novembre al 21febbraio 2022 dedica alla Collezione Sandretto Re Rebaudengo la mostra L’Épreuve de corps, con una sessantina di opere di artisti come Maurizio Cattelan, Berlinde de Bruyckere, Josh Kline, Lynette Yiadom-Boakye, Mark Manders, Cindy Sherman. L‘Épreuve de corps ha un’estensione nelle sale del Musée des Moulages dove alcuni costume jewelry della mia Collezione dialogano con la statuaria antica.
Spazio anche più che tempo.
Vi aspetto.
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo