SGUARDI D’ALTROVE
RASSEGNA CINEMATOGRAFICA
3° Edizione : MARZO – APRILE 2024
CINEMA FRATELLI MARX
(Corso Belgio 53 – 10153 – Torino)
Per la terza edizione della rassegna Sguardi d’Altrove,
che si svolgerà tra Marzo e Aprile 2024, sarà presentato
Martedì 16 APRILE – h.21.15
il film
A QUAND L’AFRIQUE ?
di David-Pierre Fila
(Congo 2024, 90’, v.o. sott. ita)
In un intreccio di volti e voci, David-Pierre Fila esprime l’attaccamento profondo ai paesaggi, alla storia, alla gente del suo continente, oggi oppresso da sfruttamento conflitti. Immagini poetiche si scontrano con la dura realtà, la gioia si trasforma in dolore, la bellezza si sbriciola in frammenti di plastica. Gli abitanti della foresta perpetuano la tradizione al ritmo del tam-tam, quelli della città ruotano nel vortice del ‘progresso’. Nel frattempo le cose stanno precipitando. Una nuova frenesia è venuta a seminare il caos, a strappare la generosità della terra da sotto i loro piedi e dai boschi verdeggianti ancora pieni di vita. Mentre alcuni soccombono, altri tutt’intorno levano voci impavide che mantengono vivo il canto alla ricerca di una nuova luce.
«Ho fatto questo film mosso da un senso di urgenza e di assoluta necessità. Per me è essenziale sottolineare quanto la violenza di oggi non è né innata, né ineluttabile, ma, al contrario, è una sconvolgente interruzione di secoli di coesistenza».
(David-Pierre Fila)
Nato in Congo-Brazzaville, David-Pierre Fila ha iniziato la sua carriera come fotografo di moda e corrispondente per l’agenzia Gamma in Africa Centrale. Antropologo, artista e intellettuale ecclettico, a partire dagli anni 80 si è dedicato al cinema, dove ha ricoperto i ruoli di produttore, sceneggiatore, regista. Nel 1994 ha fondato una propria società di produzione, Les Films Bantu, in Congo. Diversi suoi film affrontano il tema dell’emergenza ambientale, dello sviluppo sostenibile, delle culture e delle popolazioni a rischio di estinzione, in particolare Le dernier des Babingas (1991), documentario premiato in molti festival internazionali, e L'eau, la terre, la forêt (2004).
Interviene alla proiezione il regista David-Pierre Fila. Introduce Daniela Ricci
Grande sognatore, Abdel vive in una cittadina del Marocco barcamenandosi tra una madre prepotente e un alienante lavoro d’ufficio. Affascinato dal Brasile, Abdelinho ‒ come lo chiamano tutti in paese ‒ parla portoghese, insegna samba ed è perdutamente innamorato di Maria, eroina di una telenovela omonima. L’arrivo di un telepredicatore mussulmano integralista, che predica una sobrietà molto lontana da simili passioni, gli renderà la vita difficile, ma Abdelinho riuscirà a difendere i suoi sogni. Il film è stato premiato al FESCAAL, il Festival di cinema africano, d’Asia e d’America Latina di Milano.
Hicham Ayouch, direttore della fotografia, sceneggiatore e produttor, è nato in Francia da una famiglia di origini marocchine e tunisine. Dopo una carriera da giornalista, nel 2004 ha iniziato a cimentarsi come regista di filmati pubblicitari e istituzionali, dedicandosi poi al cinema documentario con film come Les Reines du Roi (2005) e Poussières d’ange (2007). Contemporaneamente ha debuttato nella fiction (con Tizaoul, nel 2006), raggiungendo una notorietà internazionale con il suo secondo lungometraggio, Fissures (2009), applaudito nei festival europei e proiettato al Museum of Modern Art di New-York e alla Tate Modern di Londra. Abdelinho è il suo quarto lungometraggio di fiction.
Un inno alla vita nella sua massima semplicità e spontaneità, ma molteplici sono le denunce sulla società e le tematiche trattate.
La storia del film si svolge ad Azemmour, un piccolo paese di provincia del Marocco. Abdelinho è un trentenne che lavora in un piccolo municipio dove il suo compito principale è quello di apporre francobolli sulle buste, in un’atmosfera molto cupa e deprimente. Il giovane è un grande sognatore, estremamente affascinato dalla cultura brasiliana, tanto da parlare perfettamente il portoghese e insegnare la samba. È perdutamente innamorato di Maria, la protagonista della sua soap opera preferita, le parla, le dichiara il suo amore e spera veramente di incontrarla e sposarla. Inutilmente la madre gli propone una serie di ragazze in attesa del matrimonio, il suo cuore appartiene a Maria. Tutti lo sanno e quando lo incontrano gli chiedono notizie della sua bella.. Lui si è costruito un capanno pieno di fiori e di colori e una grande parabola per poterla vederle meglio e meglio interloquire con lei.
Grazie a Maria, Abdelinho vive felice, nonostante sotto i suoi occhi passino tante ingiustizie, tanta corruzione. Un giorno la magia si avvera e i due finiscono per parlarsi attraverso lo schermo televisivo!
Questa nuova vita segue il suo corso, fino all’arrivo di Amr Taleb, un tele predicatore straniero, un’affascinante star star del mondo arabo-musulmano, che non tollera ciò che descrive come dissolutezza morale… Segue poi una serie di avventure, battaglie tra amore e tutto ciò che gli estremisti non accettano. Seguono giorni bui, molti rapporti si capovolgono, ma alla fine l’amore trionfa, come nelle belle favole.
Tutto è narrato con un tono surreale, sopra le righe, coloratissimo, spesso grottesco, ma molto divertente, a cominciare dal primo siparietto che apre il film, dove stanno seduti in fila tanti disoccupati e ogni tanto uno di loro viene prelevato da un’autoambulanza.
Molto divertente l’immagine della famiglia di Abdelinho, con le sorelle tutte uguali e la terribile madre, sempre con i rigodi in testa, che vuol fare sposare ad ogni costo suo figlio con una ragazza marocchina e vediamo le tante candidate in fila, numerate, per cercare di convertire l’innamorato di Maria.
E buffo è il falso profeta dal volto e dalla voce affascinante, che non pensa ad altro che accomunare ricchezza e potere, mentre incanta le folle.
Il film è soprattutto un inno alla vita nella sua massima semplicità e spontaneità, ma molteplici sono le denunce sulla società e le tematiche trattate, poiché il regista, Hicham Ayouch, “castiga ridendo mores”.
Innanzi tutto l’effetto di plagio dei media, il protagonista che confonde la realtà con la finzione e la madre irretita dal predicatore fasullo. Il concetto di identità e la corruzione contro cui lotta l’eroica Maria e di cui è vittima Adelinho nel suo lavoro. E più di ogni altro il fanatismo religioso, che purtroppo rispecchia fedelmente un’attuale, drammatica realtà.
www.africarivista.it
La Parisienne demystifiée di Rokhaya Diallo (Francia 2021, 52’, v.o sott. ita)
Inès De La Fressange e Emily in Paris hanno creato un mito che oggi ha vita dura: quello della parigina, una donna bella, elegante, magra, bianca ed etero. Ma quest’immagine è lontana dalla realtà attuale della capitale francese, una delle città più multietniche del mondo, in cui vivono donne sempre parigine, ma non
in sintonia con lo stereotipo prevalente.
Rokhaya Diallo è andata a incontrarle e ha raccolto le loro testimonianze in un film che decostruisce un cliché e un immaginario discriminanti, non a caso punteggiato
dai disegni di un’illustratrice che dà spazio a personaggi di ogni colore come Blachette e dalle musiche diuna cantautrice-modella fuori dagli schemi come Yseult.
Autrice, giornalista, regista, Rokhaya Diallo (Parigi 1978), figura di riferimento per i movimenti per l’uguaglianza e la parità nella Francia contemporanea, è impegnata non solo nella lotta contro le discriminazioni razziali e di genere, che la riguardano direttamente, ma anche nella difesa dei diritti di altre minoranze. È conduttrice di BET-France, la rete tv dedicata alla culture noire in Francia, e ha prodotto e
diretto documentari, programmi televisivi e radiofonici. Tra le sue pubblicazioni: Racisme: mode d'emploi,
À nous la France!, Comment parler de racisme aux enfants, La France, tu l'aimes ou tu la fermes?
Interviene alla proiezione la regista Rokhaya Diallo. Introduce Daniela Ricci