“Monowe è un estremo, un paradosso: una città con un unico abitante.
Una città sopraelevata rispetto a quella in cui viviamo, un suo riflesso”.
Ludovica Carbotta, 2019
Lo scorso settembre, nel tribunale di Monowe, si è celebrato un processo. Monowe è una città dove vive una sola persona. L’imputato è un cittadino al di sopra di ogni sospetto. È solo, non c’è nessun altro. È imputato del reato di segregazione, per aver posto in essere condotte di isolamento.
Monowe è una città immaginaria. Una città inventata, destinata a una sola persona, un “mono noi”: un individuo isolato, un po’ autosufficiente, autarchico, un po’ consapevole della propria intrinseca e normale pluralità. Ludovica Carbotta ha cominciato a progettare Monowe quattro anni fa, realizzando un’architettura dopo l’altra, in luoghi diversi: parchi pubblici, spazi espositivi, musei, fondazioni, la Biennale di Venezia. La città è cresciuta, come crescono le città diffuse, disperse. La porta d’ingresso, il museo, una torre di guardia, la casa, una polveriera. Poi si è accentrata. Ha guadagnato un unico luogo. Nel 2019, in una delle sale della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, è diventata un insediamento.
Si entra, attraversando la sala del museo. Di fronte al museo c’è il nuovo tribunale. Accanto ai due edifici, in scala reale, si affollano maquette e prototipi. In Monowe convivono tre dimensioni: la misura d’uomo, la miniatura, la loro via di mezzo. Chi entra a Monowe non sarà un visitatore, un semplice turista ma un potenziale abitante, chiamato a immaginarsi come unico cittadino. Unica cittadina. In questo universo parallelo, i cambiamenti sono repentini: passo dopo passo si cresce e si rimpicciolisce. (http://fsrr.org/mostre/ludovica-carbotta-monowe/).
Lo scorso 29 settembre, nel tribunale di Monowe si è celebrato un processo. Il suo solitario abitante ha fatto l’imputato e insieme il giudice, il pubblico ministero, il testimone, l’avvocato. Su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è la performance che ha chiuso la personale di Ludovica Carbotta alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, curata da Irene Calderoni (15 aprile – 29 settembre 2019). La performance, interpretata dall’attore Lucio Viglierchio, è l’esito di un laboratorio, ideato dall’artista con le mediatrici culturali della Fondazione. Vi hanno preso parte 12 persone, tra insegnanti, filosofi, studenti, psicologi, avvocati, artisti: immersi nell’opera, hanno abbracciato la narrazione paradossale e immaginifica della città “ideale”, dividendosi i ruoli e lavorando insieme sul tema della solitudine, dell’isolamento, della segregazione. Rivisto oggi, il video che documenta il laboratorio e la performance fa risuonare altre riflessioni e innesca nuove domande: https://vimeo.com/394015939
Ludovica Carbotta (Torino, 1984) vive e lavora a Barcellona. Le installazioni della personale in Fondazione Sandretto Re Rebaudengo sono state create in collaborazione con il collettivo di architetti Orizzontale. Il video Su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è stato realizzato da Iacopo De Gregori e Elena Maria Olivero, Laboratorio Stranifiori, con le musiche di Fabio Battistetti, Eniac. Il laboratorio si è svolto in Fondazione, a Torino, il 28 e 29 settembre 2019, parte di un ciclo di workshop supportato dal contributo di Regione Piemonte.