Regia di Sergio Leone.

Interpreti: Clint Eastwood, Lee Van Cleef, Eli Wallach, Aldo Giuffré, Luigi Pistilli, Rada Rassimov.

Il Brutto (Tuco) e il Buono il Biondo) sono in società. Il primo ha una taglia sulla testa e il secondo lo consegna di volta in volta a sceriffi diversi, incassa il denaro, lascia che sia condannato all’impiccagione e poi lo libera. Il Cattivo (Sentenza) invece è alla ricerca di un’ingente somma di denaro che è stata sepolta in un cimitero e in una tomba di cui bisogna scoprire la collocazione. I loro percorsi si incrociano: la meta diventa comune anche se ognuno diffida dell’altro e lo vorrebbe eliminare.

«Per essere seri non si può prendersi sul serio. E’ il primo comandamento a cui si attiene il western di Leone e questo film in particolare. Per far sul serio bisogna ridere. La sceneggiatura de Il buono, il brutto, il cattivo è scritta oltre che da Leone e Luciano Vincenzoni, dagli specialisti Age e Scarpelli. E la differenza rispetto ai capitoli precedenti si nota. La trama è più complessa, la Grande Storia irrompe sulla scena con i suoi strascichi di violenza e morte e vagano senza requie i tre protagonisti, cercando di scansare la Storia, ma già fantasmi di un’epoca che volge al termine. Eppure, in questo clima di tempo sospeso, di fine imminente, si ride di gusto. Il Buono, il Brutto, il Cattivo è sì un western, ma soprattutto un film comico e perciò profondamente triste. Non ci sono più eroi, ma solo uomini che vivono dei loro vizi e hanno il pregio di non sentirsi in colpa. Ad occuparsi di loro non ci sono donne e anche Dio è sparito: al suo posto opera il Caso, con la C maiuscola, che prende la forma del Destino.
Il film è una vera miniera di battute memorabili, molte delle quali dividono il mondo in due categorie a seconda degli elementi presi come differenziale: la pistola carica (e la pala), gli speroni, la corda al collo. Eastwood e Wallach sono una coppia comica a tutti gli effetti: a Tuco spettano sia la parte più “fisica”  che le battute più colorite e sguaiate, un paio di volte è doppiato persino dal vocalist in una specie di ululato da coyote; il Biondo invece è una fucina di risposte pronte, provocazioni risolte con la lingua prima ancora che con la pistola.»

(Lorenzo Taddei, Ondacinema)